Marte, Olympus Mons anno 2199,
La colonizzazione del misterioso pianeta rosso entra nel mezzo secolo di vita e nella memoria storica collettiva. Strano modo, il mio, di festeggiare l’evento: in perfetta solitudine, quantomeno singolare. I processori atmosferici fondono, ininterrottamente ormai da cinquant’anni, il ghiaccio delle calotte polari, sublimandolo nella protoatmosfera, composta in origine, perlopiù, da anidride carbonica. La colonizzazione non ha conosciuto mai soste ed ora, alla terza generazione dei “nuovi marziani”, le prime nuvole di vapore e le prime sparute nevicate, incoraggiano la gente di quassù di fronte alla prospettiva di poter presto uscire dai moduli sotterranei, a respirare coi propri polmoni la nuova frizzante atmosfera di Marte. Ma cosa ci faccio io cittadino terrestre, qui, sul pianeta Rosso, per di più in cima al gigante dei giganti tra le catene montuose del sistema solare?
L’Olympus Mons, l’archetipo della dimora degli antichi Dei della mitologia greca. Io, amante della terra e della sabbia che scorre tra le dita, del mare, del sale che lascia riarsa la pelle, dei respiri profondi e compiaciuti, ad occhi chiusi a catturare l’aria rarefatta d’alta quota, prima di… si, proprio prima di ogni corsa. Inspirare, polmoni pieni, apnea e giù, cuore in gola, la terra viene a me, la gravità mi avviluppa e mi tira vorticosamente verso il centro della Terra. Abilità, tecnologia, passione, incoscienza, un turbine nella mente e rivivo ogni gesto, ogni emozione ogni consueto automatismo. I gesti, la concentrazione da raggiungere, il corpo pronto allo scatto e al rilascio, la tensione accumulata nei muscoli ed esplosa improvvisamente in questo arcaico, quasi cavalleresco, leggero atto di forza con gli elementi. Ogni istante è vivo, assaporo ad occhi chiusi questi momenti di calma prima del grande volo.
No, non mi lancio con il parapendio anti-G. Si, il volo semiassistito mi affascina ancora, e molto. Tuttavia, al giorno d’oggi, volando tutto il giorno, coi normali mezzi anti-G, il volo non ha più, per me, quella straordinarietà accompagnata da una infantile trepidazione ed ebbrezza propria degli avventurosi pionieri dell’anti-G. Si vola e basta, sempre: strade aeree come S.Kubrick Avenue, o R.Scott Street per citare le più recenti arterie cittadine a novanta corsie aeree.
Qui però si tratta d’altro, si tratta di riprendere contatto col terreno, volare sul terreno, con un mezzo vecchissimo di concezione ma di straordinario ed ineguagliato rendimento meccanico: the bike. Affinata nel corso degli ultimi tre secoli a livelli inimmaginabili, sull’onda del tecno-ecologismo, a partire dalle grandi crisi energetiche dei primi decenni del XXI secolo, ha conosciuto livelli di sofisticazione nei materiali, nella meccatronica di interazione-interfacciamento col rider, tanto da farla assurgere a suo naturale complemento fisico-motorio, come il mitologico Centauro: innesto e fusione di un solido e raziocinante tronco umano sulle membra potenti di un corpo di cavallo. Cavaliere e cavalcatura fusi in un tutt’uno: i capisaldi della migliore biomeccatronica sportiva: uomo e macchina. Uomo nella macchina la quale ne media con straordinaria efficienza le risorse, interfaccia tecnologica con la nuda e cara terra. Terra cara ma, sempre più rara.
Purtroppo il contatto con la terra è stato forzatamente interrotto. Si, molta ne fu strappata all’abusivismo tecnoedilizio, altrettanta ne è stata recuperata alla vita con miracolose bonifiche anti-inquinamento. Quale eredità ed aridità ci ha lasciato l’in-civiltà del XX secolo, quali disastri. Ma anche quale spinta, quale prospettiva, quale fede e coraggiosa fiducia nel futuro, basato sulla memoria storica, vasta e tragica. L’esperienza insegna, ed ora ogni risorsa è tutelata: talvolta con miopia ed arroganza unilaterale. Volare sulla terra è inutile e pernicioso: è fuorilegge perché danneggia l’ambiente.
Sulla cara madre Terra non posso più volare. Per questi motivi mi sono rivolto alla Total Recall Space-Travel per organizzare il viaggio sul pianeta rosso. Fu una sera, tre anni or sono, ormai irrimediabilmente forzato al digiuno dalle mie quotidiane picchiate, sul mio dh-track preferito, volando in mezzo agli alberi, sopra i ciottoli ed i lastroni di Dolomia, alzando onde di terra e polvere…Fu una sera, una limpida sera stellata, guardando il mio monte, sede del mio track prediletto, sospirando e fremendo, naso in su, con un anelito represso, ma forte, di velocità e nuovi spazi. “Spazi?” Pensai, lo ricordo come fosse adesso: “Spazio!” realizzai, occhi puntati sulle stelle, “…ecco la via e la destinazione”. Andrò su Marte, là non ci sono divieti: “Lo faccio, fosse l’ultimo viaggio della mia vita!”.
Quello fu l’inizio di tutto, ora, tre anni dopo, sono sul gigante, sul bernoccolo di Marte: il Monte, l’Olimpo. Con meticolosa attenzione, sullo sprinter-SV mi sono spinto lungo i costoni e le pendici del gigante, rilevando, studiando, tracciando e segnando. Ho inserito tutti i dati nel GMPS di guida, durante i sei giorni dell’ascesa fino alla sommità sud-est dell’Olympus.
Passaggi mozzafiato ed ininterrotti, a conferma della bontà dei rilevamenti satellitari dei primi coloni, che hanno lasciato all’osservazione a distanza questo “sasso”, concentrandosi sui ricchissimi e ben più redditizi giacimenti minerari. Ormai ci siamo: è tempo del grande volo. Ho studiato ogni minimo dettaglio, mi sono documentato, ed ho progettato il mezzo. La mia formazione ingegneristica, fresca di lauro, in meccatronica con indirizzo Spazio e Materiali, mi è stata finalmente di aiuto: laureato con uno studio di fattibilità di mezzo biomeccanico ad elevata efficienza, integrazione spinta nell’interazione uomo-macchina, con sistema di trasmissione micro-oleodinamico continuos-ratio assistito da superconduttori e recuperi energetici vari. Una bike insomma, quella ipertecnologica che ora sto estraendo dal van posteriore dello sprinter-SV. Ormai ci siamo: il grande volo.
Il mezzo è pronto per i test ed il check premarcia. Una rigida e precisa tabella di lavoro d’ora innanzi guiderà ogni mia azione nel controllo del mezzo e delle mie bio-attrezzature: qui non c’è che un’atmosfera molto rarefatta e quasi primordiale: sbagliare sarebbe fatale…
Check list:
Pedivelle:
Le pedivelle sono le Space DH cave fuse in metal matrix di magnesio e particelle ceramiche, ottenute in condizioni di microgravità. Per irrigidirne le sottili pareti (1.25-1.5 mm), queste risultano percorse da nervature che ne scongiurano il collasso da cedimento elastoplastico o imbozzamento (ndr. effetto lattina schiacciata). Commissionate e realizzate a tempo di record dal laboratorio universitario di metallurgia sulla stazione MIR VI, sono quanto di più leggero, rigido e resistente potessi adottare. Ogni pedivella è fissata mediante una ghiera di serraggio microfusa in lega 9075 T6 che incorpora una cella di carico che rileva carichi e coppie agenti durante l’utilizzo. Nella ghiera si realizza la fase di pre-trattamento del segnale che viene inviato al computer di gestione del mezzo.
Pedali:
I pedali sono degli specialissimi SBD 2636 SPACE LINE clipless pedal by SAMBADH® a funzionamento magnetico intelligente assistito dall’elaboratore, e mutuano la tecnologia delle calzature ad ancoraggio magnetico che gli astronauti utilizzano nelle escursioni extraveicolari. Hanno il corpo in magnesio microfuso caricato con fibre ceramiche, magneti superconduttori e gli elementi di invito all’attacco-posizionamento dello stivale CNC in lega 9075 T6 trattati superficialmente PVD (Physical Vapor Deposition) per prevenirne l’usura con un adeguato indurimento.
Gruppo trasmissione:
Il gruppo trasmissione è composto da una pompa volumetrica, mossa dalla pedaliera, capace di generare la portata utile di fluido in pressione che movimenta il motore idraulico collegato alla ruota. La pompa volumetrica è del tipo a pistoni assiali rotanti e piastra di contrasto ad inclinazione variabile (angolo α come variabile di regolazione continua) dalla quale dipende, a parità di velocità di rotazione della pedaliera, il valore della portata sviluppata. Detta Q la portata in volume (misurata in dm3/sec) sviluppata, agendo sul valore di α si ottiene una variazione del rapporto finale di trasmissione praticamente continua. L’angolo α della piastra di contrasto è regolato da un elettroattuatore lineare pilotato dall’elaboratore di bordo che preleva vari parametri funzionali:
- velocità del veicolo;
- cadenza pedalata;
- potenza e coppia istantanee;
- potenza e coppia medie in un Δt (intervallo di tempo) di campionamento costante e regolabile;
- battito cardiaco del pilota (dal cardiofrequenzimetro);
- coppia resistente alla ruota (mediante cella di carico a torsione che utilizza la tecnologia piezoelettrica cioè con celletta al quarzo piezoelettrico);
- altri parametri utili.
Il motore idraulico a pistoni assiali rotanti a doppio effetto agisce su due camme frontali di spinta fisse. La maggior parte dei componenti è realizzata in Mg Metal Matrix (magnesio a matrice metallica) che meglio di qualunque altro materiale compendia leggerezza, resistenza e rigidezza anisotropa (ndr. il principio base dei materiali compositi: caratteristiche meccaniche esaltate proprio in direzione delle linee di flusso degli sforzi). I particolari soggetti ad usura e a forti carichi di contatto (camme frontali di spinta, cuscinetti vari) sono realizzati in sinterizzato ceramico con riporti PVD.
L’installazione di questo gruppo ha richiesto una radicale riprogettazione volta soprattutto al contenimento dei pesi e delle dimensioni, migliorando al contempo le caratteristiche delle tenute e la rigidezza della trasmissione, ottenuta tramite pressurizzazione spinta del circuito. Tramite un polmone di compensazione caricato con Argon si mantiene una elevata rigidezza, inoltre microimpulsi (onde di compressione) ad alta frequenza generati in seno al fluido si traducono in altrettanti “colpi d’ariete” che lo “induriscono” ulteriormente migliorando la prontezza di risposta della trasmissione. Tutto questo non sarebbe stato possibile, senza le rivoluzionarie tenute a confinamento elettromagnetico di tipo stictionless.
Sospensioni e ruote:
La forcella è una Headshok type monogamba e monobraccio avente parte elastica costituita da una molla in titanio e smorzamento magnetico e correnti parassite con recupero energetico. Tutta l’energia prodotta nello smorzamento (meno l’aliquota dissipata) viene recuperata, trattata ed immagazzinata in una batteria a superconduttori a secco. Il monobraccio è realizzato in fibre composite carbo-kevlar caricate con fibre di boro, nel quale è inserito lo stelo Ø69 mm spesso 2 mm in tubo trafilato di lega 9075 trattato PVD hard black. La sospensione posteriore sfrutta un analogo sistema elastico-smorzante con la possibilità di regolare la lunghezza dell’ammortizzatore. L’esursione utile che dette unità garantiscono alle ruote è di 150 mm, regolabile e controllata attivamente dalla centralina.
Le ruote a razze campanate a sbalzo sono Triton Space by SAMBADH® approntate in due versioni: una in fibre composite carbo-kevlar caricate con fibre di boro, l’altra da fusione in Mg Metal Matrix. Il freno anteriore è costituito da un disco Ø320 mm con pista da 20 mm spesso 3 mm realizzato in materiale ceramico caricato con fibre, sul quale insiste una pinza idraulica ad otto pistoncini contrapposti ricavata CNC da un blocco di lega 9075 T6. L’unità frenante posteriore sfrutta un freno magnetico ad induzione, estremamente modulabile e regolabile nella risposta. I pneumatici sono SAMBADH® Space Tires, di tipo radiale con tele in fibre aramidiche e cerchietti in titanio, non differenziati tra anteriore e posteriore (montati con versi opposti) gonfiati e riempiti con un leggerissimo foam poliuretanico ad alta densità: inaffondabile.
Telaio e sub frame reggisella:
Il telaio sviluppa appieno i concetti del frame morphing, ovvero la totale regolabilità ed adattabilità delle sue geometrie, per sposarsi al meglio con terreni assai variabili ed imprevedibili grazie ad una gestione elettronica assistita. Si sviluppa attorno a due sezioni principali in fibre composite carbo-kevlar caricate con fibre di boro adeguatamente irrigidite, dotate di inserti metallici in lega 9075 annegati ed incollati alla matrice, ed articolate tramite un fulcro di rotazione centrale. La rotazione mutua delle due sezioni, con un contemporaneo adeguamento del camber della sospensione posteriore, ad opera dell’ammortizzatore regolabile in lunghezza, produce un sensibile intervallo di variazione dell’interasse e della giacitura del baricentro, con possibilità di regolazione molto fine dell’assetto generale del veicolo.
Il forcellone sfrutta gli stessi materiali e tecniche costruttive del telaio, con leveraggi di progressione secondo il sistema pro-link realizzati Mg Metal Matrix e finiti CNC con i cuscinetti degli snodi di tipo ceramico trattati PVD. In estremità reca l’alloggiamento per il motore idraulico ed il freno magnetico.
Il gruppo extra-long saddle sfrutta un’analoga articolazione dei suoi elementi costitutivi, onde regolare l’altezza-avanzamento del piano sella. Tale regolazione è attuabile indipendentemente dalle altre variazioni di assetto del telaio, grazie ai due snodi dotati di tendini in kevlar e bloccaggio magnetico con superfici coniugate a dentatura frontale (ndr. tipo le ruote libare dei mozzi posteriori DT HÜGI).
Elettronica ed accessori:
La parte elettronica di gestione integrata del mezzo fa capo al Multifunction Display vero cuore dell’interazione col mezzo e che racchiude le funzioni di GPS, ciclocomputer, cardiofrequenzimetro, controllo trazione-trasmissione, controllo frenata, diagnostica e setting sospensioni, telemetria. I dati di più immediato utilizzo vengono visualizzati sulla visiera LCD del mio casco, ad una distanza focale regolata in base al rilevamento della retina oculare in modo da non distrarre mai la visuale. Tutti i comandi sono impartibili con comando vocale o manuale da manubrio (un Easton in compositi double-butted) oppure dallo stesso menù interattivo sul visore LCD del casco, semplicemente fissando l’icona scelta. In questo caso ho adattato materiale regolarmente in uso sui vettori aerospaziali civili.
L’attacco manubrio è regolabile in altezza ed avanzamento mediante articolazione bloccabile, ricavato CNC in lega 9075 T6 e recante l’attacco per il Multifunction Display.
Il volo:
Check list completata e ok. Tutto è pronto per questa fantastica Downhill, senza paragoni in tutto il sistema solare. Quasi dimenticavo, l’Olympus Mons è il maggior rilievo, non solo di Marte, ma di tutto il sistema solare (a meno di qualche sorpresa da parte del misterioso Venere).
Si tratta di un vulcano inattivo, con profilo simile a quello dei vulcani a “scudo” della Terra, con un diametro di più di 500 km e un’altezza rispetto alla pianura circostante di circa 25 km…questa è, pura, interminabile, adrenalinica Downhill!
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